La Repubblica - 09/09/2011 - NON ha usato mezzi termini Alberto Vacchi, presidente di Unindustria Bologna, per bocciare la manovra del governo: l’ha definita “una somma di provvedimenti fortemente recessivi, priva di elementi strutturali. Una manovra disattenta alle esigenze della crescita e dello sviluppo che continua a indebolire la competitività del nostro sistema industriale”. E ha proposto, come alternativa, la dismissione degli immobili pubblici, la riduzione delle tasse sui redditi bassi e la patrimoniale. Idea, quest’ultima, rilanciata, anche sulle pagine di questo giornale, dal presidente di Nomisma, Pietro Mediano, che ha proposto una patrimoniale a carico di quel 20 % di italiani che detiene il 45 % della ricchezza nazionale: si creerebbe una base imponibile di 2200 o 5000 miliardi, a seconda che si includano o meno gli immobili.
Un toccasana per riequilibrare il rapporto debito/PIL. Inutile dire, però, che nella manovra, rivista e corretta dal governo per la quinta volta, non ce n’ è traccia. A parecchi chilometri da qui, per fare cassa colpendo gli evasori, la Gran Bretagna, dopo la Germania, si è accordata con le banche svizzere per tassare tra il 19 e il 34%—i capitali inglesi esportati clandestinamente. E in futuro farà scattare una tassazione del 48% sul reddito dagli investimenti e del 27% sui capital gain. AD AGGRAVARE la situazione del debito pubblico italiano, c’è la crescita economica azzoppata. Per cui si moltiplicano, comprensibilmente, le voci di chi critica la manovra del governo anche perché non contiene sostegni alla crescita.