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“Un vecchio adagio dice che
una visione senza un piano è un sogno
e un piano senza una visione è un incubo:
in Italia siamo riusciti, negli ultimi 20 anni,
a fare entrambe le cose.”

PIETRO COLUCCI

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“Siamo convinti che un'impresa
che investe correttamente in presidi ambientali
sia, alla fine, meno rischiosa
anche per chi concede credito.”

CITAZIONE DA INTERVISTA A NUOVA FINANZA

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“L’efficienza energetica è un tema
sul quale il sistema Paese dovrebbe concentrarsi,
avviando le realtà italiane a diventare smart grid.”

DALL'INTERVENTO AL FORUM QUALENERGIA 2015

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“ Il futuro di tutti passa attraverso
una presa di coscienza consapevole,
la condivisione e la partecipazione
di tutte le parti coinvolte
nel processo energetico dalla produzione
al consumo”.

DALL'INTERVENTO AL FORUM QUALENERGIA 2015

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“Da imprenditore sono abituato a essere pragmatico, ma sono anche sostanzialmente un sognatore.
E questo mi è servito.
Una visione di scenario proiettata verso un futuro diverso e la capacità di immaginare che il cambiamento sia un’opzione possibile,
nonostante i forti interessi economici coinvolti,
sono requisiti indispensabili
per operare nella green economy.”

CITAZIONE DA INTERVISTA A BUSINESS PEOPLE

In questa sezione sono riportati gli articoli riguardanti Pietro Colucci pubblicati sulle testate nazionali, internazionali e locali.
Gli articoli sono navigabili attraverso la selezione della testata giornalistica oppure selezionando il tag di riferimento, personalizzando il proprio percorso di lettura.

Sole 24 Ore 06/01/2012 - Non c’ è molto tempo per decidere. Anzi, forse è tardi per evitare una nuova emergenza dei rifiuti simile a quelle che hanno intossicato per anni la qualità della vita in Campania (e non sembra ancora risolta ). II problema è che le discariche italiane si stanno riempiendo, e circa metà della spazzatura italiana (il 47% dei rifiuti urbani e il 44% di quelli delle attività produttive) fra un paio d’anni non troverà un luogo dove andare. Per fare un buon inceneritore con recupero di energia, come quelli di Brescia, Venezia o Milano, servono non meno di quattro anni.«Qualche soluzione si troverà, ma sarà una soluzione momentanea, la solita “emergenza prevedibile”, osserva Pietro Colucci, amministratore delegato della Waste (una delle primarie aziende di servizi ambientali) e presidente di Assoambiente, l’associazione delle imprese private di servizi ecologici aderente alla Federazione confindustriale Fise.

Oggi a Roma Assoambiente presenterà la ricerca «Gli impianti di trattamento in Italia», un censimento di tutte le aziende (pubbliche e private) che si occupano di spazzatura e rifiuti. Un censimento neutrale, «non uno spot in cui noi imprese ci candidiamo nel business» dice Colucci; una ricerca affidata all’istituto Issi guidato da Edo Ronchi. Ne emerge un quadro imbarazzante. Per esempio non è vero che il Nord è così efficiente: ci sono regioni come la Liguria (o come alcune aree del Veneto) che mandano senza vergogna tutta la loro spazzatura in discarica. Presto la Liguria potrà entrare in crisi spazzatura. Ma anche la Puglia. E tante altre regioni. «La soluzione momentanea si troverà: saranno ingrandite le discariche, saranno allungati i tempi di autorizzazione. Ma è un modo miope – protesta Colucci- di affrontare il problema.

L’attuale produzione nazionale è di 164 milioni di tonnellate l’anno, e solamente 32 milioni sono i rifiuti urbani su cui l’emergenza assume la sua maggiore spettacolarità Ma lo stesso destino è seguito dai ben più rilevanti 80 milioni di tonnellate di rifiuti prodotti dalle attività economiche. E, intanto, lavorano a mezzo servizio molti dei ornila impianti italiani di riciclo e recupero di rifiuti non pericolosi», Quale soluzione? Per Assoambiente la ricetta ha più ingredienti: ridurre la quantità di rifiuti, diffondere la raccolta differenziata, «ma soprattutto decidere ora con scelte prospettiche, con linee guida valide per tutti e messe a punto in modo condiviso tra cittadini, politici imprese, associazioni – afferma Colucci – quali saranno le tecnologie per i prossimi decenni. E un errore dire no agli inceneritori sperando che gli italiani, spinti dalle necessità, riciclino di più. Il no alle infrastrutture non spinge a trovare una soluzione migliore: spinge all’emergenza». Così oggi l’Italia si trova con appena un 12% di rifiuti bruciati per produrre corrente elettrica contro una media europea del 20%.

Aumenta il riciclo degli imballaggi ( il 651» del vetro, secondo il consorzio Coreve) e perfino degli apparecchi elettrici ed elettronici (il 67% delle imprese separa la sua spazzatura elettronica, secondo il consorzio Ecorit), ma poi la capacità di recupero energetico degli inceneritori è distribuita senza alcuna omogeneità (69,8% al Nord, 14,6% al Centro e 15,6% al Sud) e ciò ne frena l’utilizzo. Gli inceneritori del Nord lavorano al massimo e non sono sufficienti, mentre altrove sbuffano a mezza potenza. E i rifiuti si accumulano.

Secondo un censimento di Federambiente (l’associazione gemella di Assoambiente, raccoglie le aziende di servizi pubblici ambientali come le “municipalizzate”), gli impianti hanno una potenza complessiva di 588 megawatt e undici strutture, oltre a produrre elettricità, producono anche calore per il teleriscaldamento, come a Milano, Torino e Brescia. In due anni la produzione elettrica è cresciuta di oltre il 20%, mentre la produzione termica è aumentata del 35.